Cambridge Analytica: uno scandalo senza fine
Inizialmente lo scandalo legato a Facebook e Cambridge Analytica sembrava essere di dimensioni importanti ma tuttavia gestibili. Adesso, con i giorni che passano, il numero dei profili del social network coinvolti nella vicenda aumenta. Prima si parlava di 50 milioni, adesso siamo passati a 87. Lo scandalo, dunque, si allarga. E potrebbe proseguire.
Cambridge Analytica: Facebook fa mea culpa
Fin dai primi momenti di questa assurda vicenda Facebook ha ammesso le proprie colpe. Almeno su questo dobbiamo dargliene atto. Ma è difficile accettare che una piattaforma di cui fanno parte quasi 2 miliardi di persone nel mondo sia stata così “leggera”, se così si può dire, in termini di protezione della privacy dei propri utenti. Seguiranno mesi difficili per l’azienda di Zuckerberg; per molti questo è solo il primo passo verso l’abbandono da parte degli utenti ma al momento è impensabile poter già mettere la parola fine a questa piattaforma.
Per quanto riguarda i nuovi profili coinvolti salta subito all’occhio un dato che ci riguarda, infatti 214 mila di questi sarebbero (il condizionale è d’obbligo) di nazionalità italiana. Quindi uno scandalo che si allarga non solo come dimensioni ma anche come Paesi coinvolti. Dal canto suo Facebook ha già illustrato nuove misure a difesa della privacy dei propri utenti: limitazione dell’utilizzo delle API che permettono agli sviluppatori di app di raggiungere informazioni sugli utenti, informazione immediata agli stessi utenti su un eventuale uso improprio dei dati e a quali app di terze parti le informazioni sono arrivate grazie ad un collegamento presente nel feed (quest’ultima misura entrerà in vigore il 9 Aprile). Tutto questo non solo per proteggere gli utenti ma anche per cercare di limitare le polemiche che, com’era prevedibile, sono esplose in tutto il mondo a seguito dello scandalo Cambridge Analytica.
Ma non solo questo perché Facebook ha anche immediatamente impedito agli sviluppatori di utilizzare le API degli eventi, che danno accesso alla lista degli invitati e ad altri elenchi, e quelle legate ai Gruppi. Le app, dunque, non potranno più vedere i membri di un determinato gruppo né venire a conoscenza delle informazioni personali come nome, foto, oltre a post e commenti. Facebook ha dichiarato guerra alle app invasive e per questo non permetterà più a queste di chiedere dati personali come preferenze religiose, affiliazione politica, istruzione, carriera lavorativa, musica, libri e molto altro ancora.
Un ambiente che forse, a seguito di questo scandalo, diventerà un po’ più sicuro. Lo speriamo tutti.